Le morti in Usa, causate da malattie polmonari genericamente attribuite alla sigaretta elettronica, hanno fatto drizzare le antenne anche agli svizzeri. Che, con grande puntualità – non per nulla peculiarità squisitamente elvetica – hanno messo mano alle casse del cosiddetto Fondo nazionale per commissionare uno specifico studio. Ad oggetto di esso stabilire, comprendere se la sigaretta elettronica possa realmente aiutare a smettere di fumare. E, ancora, se e quanto la stessa sia sicura su un medio e lungo termine – che nella ricerca in questione si fissa in cinque e dieci anni.
Lo studio è solo agli albori – è stato avviato un mese fa – e “campionerà” 1.200 persone tra Ginevra, Losanna e Berna. Come detto, in Svizzera si accendono i riflettori sulla pratica-svapo dal momento che la stessa risulta essere estremamente diffusa. Si stima, infatti, che oltre la metà dei 15enni elvetici – e circa un terzo delle coetanee – abbia sperimentato, almeno una volta nella vita, la sigaretta elettronica. Atteggiamento prudenziale da parte degli svizzeri che, tuttavia, paiono aver inquadrato abbastanza bene la questione. Dall’Ufficio federale della Sanità pubblica e dall’omologo della Sicurezza alimentare e di veterinaria, infatti, si sottolinea come il mercato delle sigarette elettroniche nazionale osservi e si conformi a standard e parametri europei. Vale a dire, è del tutto sicuro.
OLI KILLER, OCCHIO AGLI ACQUISTI IN RETE
Contestualmente gli esperti elevetici accendono i riflettori su quelli che sono i reali rischi nella vicenda. E lo fanno mettendo in guardia dalle pratiche che potrebbero essere certamente pericolose. L’invito-appello, quindi, è quello di stare in guardia dall’acquisto di prodotti extra europei che si possano trovare in rete. Come giustamente ribadiscono i cugini elvetici, infatti, (e come troppi si ostinano a non comprendere) il problema non vive nella sigaretta elettronica quanto nei liquidi illegali che vi possono essere messi avventatamente all’interno. E gli esperti svizzeri sembrano avere certezze anche rispetto alla “culla” di questi oli che “viaggiano” attraverso il mercato di internet. Gli stessi, cioè, vedrebbero i loro natali in Asia per poi essere distribuiti in tutto il mondo attraverso i canali della rete. E, probabilmente, una delle principali basi di acquisto – e di conseguente rivendita – sarebbe stata quella che ha seminato morti e ricoveri in Usa
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