Fatta la legge non significa risolvere il problema.
In fatto di contrasto al fumo siamo lontani anni luce dallo specifico obiettivo, sempre che si voglia credere che le norme possano effettivamente avere un potenziale risolutivo.
Si era in piena fase Covid, si ricorda, quando il Comune di Milano andò a stabilire, primissimo in Italia, il divieto di fumare all’aperto.
Una norma che andò a superare le previsioni della Sirchia che stabilivano esclusivamente come non si potesse fumare in luoghi a pubblico accesso al chiuso: Milano, invece, tentò di andare oltre, e con una previsione che escluse però dalla fattispecie le sigarette elettroniche, ebbe a modificare in Consiglio comunale l’apposito regolamento introducendo il ban alle bionde alle fermate di mezzi pubblici, in corrispondenza di aree verdi, di strutture sportive.
Sia chiaro, la norma risulta essere assolutamente apprezzabile ma fondamentalmente per una questione di garbo.
È evidente come in alcuni contesti dove vi sia ammassamento di persone, il fumo potrebbe cagionare fastidio anche se ci si trova all’aperto a colui il quale fumatore non è.
Una regola che, quindi, viene a disciplinare la convivenza comune in nome di criteri di garbo e di cortesia che, tuttavia, dovrebbero normalmente albergare nelle persone e che non dovrebbero pretendere la statuizione di una legge scritta.
Ma questa è altra cosa.
Certo è che pensare che una norma di tale genere possa avere un impatto in termini di tutela della salute pubblica è cosa ben diversa e rischia di ricadere nel campo dell’utopico.
In primo luogo perché le esalazioni assorbite all’aperto e, comunque, in modo estemporaneo non possono rappresentare un danno paragonabile a quello che si carica il fumatore; né tantomeno si può pensare che un fumatore possa vedere condizionate le proprie scelte rispetto al tabagismo dalla sussistenza o meno di un divieto di fumo all’aperto.
Al netto, però, di tutte queste valutazioni che possono farsi sulla bontà o meno di tale previsione, si deve constatare come la norma sia ad oggi vissuta, di fatto, esclusivamente a livello teorico, di carta.
La prova vivente risiede nel fatto che nel Capoluogo meneghino, nel corso dell’anno 2023, è stata elevata una sola sanzione per condotte legate alla pratica del fumo open air.
Lo sventurato è stato beccato sigaretta fumante alla mano all’interno di una struttura sportiva, una di quelle location che rientra tra i luoghi bannati dal regolamento.
TREDICI SANZIONI IN TRE ANNI
Non è, sia chiaro, che le cose erano andate molto meglio negli anni precedenti: nel 2021, infatti, primo anno di validità del regolamento, erano state sei le persone multate, principalmente beccate alle fermate di mezzi pubblici e di taxi.
Stesso numero anche nel 2022.
In totale, quindi, tredici soggetti raggiunti da sanzione per siffatte condotte nell’arco di ben tre anni.
Matematica alla mano, una multa ogni tre mesi circa.
Davvero troppo poco se si vogliono produrre effetti che siano significativi nell’immaginario della collettività.
Ed alla fine si rischia solo di dare vita a dei dibattiti buoni unicamente a dividere e non a risolvere.
- Scritto da Italo Di Dio