Ampliare le aree smoke free può servire a ridurre l’incidenza degli accidenti di naturale in cardiovascolare.
In ispecie tra la popolazione anziana.
L’indicazione, in tal senso, viene dal caso Singapore: lo Stato asiatico, infatti, da dieci anni a questa parte ha vietato l’uso delle bionde in determinati spazi “open air” e, a quanto parrebbe, i benefici sarebbero significativi in termini di guadagnata salute.
“Il fumo passivo – commentano al riguardo dalla Fondazione Veronesi – rappresenta il principale fattore inquinante degli ambienti chiusi, uno degli inquinanti presenti nell’aria che respiriamo anche all’aperto, e provoca nel mondo oltre 1,2 milioni di morti premature l’anno nel mondo.
Come descritto sul British Medical Journal Global Health, l’estensione delle aree libere dal fumo di sigaretta è stata associata ad un calo del numero degli infarti del miocardio, soprattutto nelle persone con più di 65 anni e nei maschi. Il percorso è stato graduale. A partire dal 2013 Singapore ha esteso il divieto di fumo a tutte le aree comuni dei complessi residenziali, alle aree all’aperto, comprese sopraelevate, camminamenti coperti e gli spazi per un raggio di 5 metri intorno alle fermate dell’autobus.
Sono seguiti i divieti in tutti i parchi, le scuole e i mezzi pubblici”.
Ma quali sono sono state le ricadute concrete?
Lo spiega bene la stessa “Veronesi”
I DATI
“In corrispondenza delle diverse fasi legislative, i ricercatori sono andati a consultare i dati sugli infarti.
Fra il 2010 e il 2019 si sono registrati quasi 134.000 infarti, per il 66 per cento in uomini e per il 60 per cento in over65.
Prima dell’estensione del 2013 il numero degli infarti cresceva ogni mese ad un tasso di 0,9 per milione di persone. Dopo la nuova legge, questo tasso ha iniziato a scendere, fino a 0,6 per milione.
In concreto, riducendo l’esposizione al fumo passivo si sono evitati oltre 2.000 casi di attacco di cuore, con un tasso di riduzione fra gli over 65 anche 15 volte più alto di quello fra i giovani (5,9 per milione contro 0,4 per milione).
Premettendo a chiare lettere che si tratta di uno studio osservazionale, che non mira cioè a stabilire un nesso causale, gli autori della ricerca spiegano che mancano ancora tasselli importanti, come informazioni su altri fattori d’influenza, come il reddito disponibile a fronte di un aumento dei prezzi e come i dati sulla qualità dell’aria. Ciononostante – la chiusura – questo lavoro offre prove utili ai decisori politici che vogliono ridurre le conseguenze dell’esposizione al fumo di tabacco”.
- Scritto da Arcangelo Bove