“Prima di vedere una riduzione del rischio di sviluppare malattie fumo-correlate ci vorranno decine di anni: occorrono 20-30-40 anni per sviluppare una malattia fumo-correlata.
È difficile dare un’evidenza diretta, però sono possibili evidenze indirette: le alternative alla sigaretta tradizionale non contengono prodotti di combustione del tabacco, non sono risk free, ma il loro rischio è ridotto dall’80 al 99% a seconda dei parametri che si vanno ad analizzare.
Al Centro di eccellenza per la riduzione del rischio che ha sede nell’Università di Catania i nostri ricercatori hanno dimostrato con uno studio molto elegante, in collegamento con sette laboratori in diverse parti del mondo, che una riduzione del rischio tossicologico a livello di cellule respiratorie polmonari era possibile nell’ordine dell’80-90%”.
Così Riccardo Polosa ai taccuini “virtuali” di sussidiario.net.
Il docente universitario, fondatore del Coehar, tra i massimi riferimenti su scala internazionale per quel che riguarda la riduzione del danno da fumo, è stato sentito dalla importante testata giornalistica nazionale.
LE DICHIARAZIONI A “IL SUSSIDIARIO”
Alla quale ha ulteriormente evidenziato “Gli approfondimenti servono sempre, anche perché sono prodotti in evoluzione.
Se tutti gli esperimenti di emissione ed esposizione fanno vedere una massiccia riduzione di sostanze tossiche e cancerogene, se è vero che la patogenesi delle malattie fumo correlate è collegata alla presenza e alla concentrazione di queste sostanze tossiche e cancerogene e se è vero che conosciamo la tossicità delle sigarette convenzionali, mi pare quasi intuitivo capire che questi prodotti oltre a ridurre il rischio riducono anche il danno.
Esistono una serie di evidenze scientifiche a supporto di questa affermazione: il futuro dovrà essere quello di investigare gli effetti dell’esposizione a lungo termine di questi prodotti senza combustione in persone che non hanno mai fumato in vita loro.
La Cochrane Review, la Bibbia delle ricerche cliniche randomizzate e controllate, ha concluso che la possibilità di smettere di fumare aumenta dal 60 al 70% rispetto al cerotto con la nicotina, in tutti coloro che utilizzano i prodotti di nuova generazione”.
QUAL’E’ LA SOLUZIONE?
Cosa fare, quindi?
Per Polosa, “la grande differenza non la fanno gli scienziati ma la scelte politiche, in Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Svezia e Giappone.
Il Regno unito ha una lunga storia di contrasto al tabagismo: era l’unico Paese ad avere un centro antifumo in ogni ospedale.
Dopo vent’anni di questa politica si sono resi conto che i risultati restavano troppo modesti. Quindi hanno pensato bene di utilizzare le nuove alternative tecnologiche a disposizione. Hanno guardato alle evidenze scientifiche – la conclusione – quella era l’unica strada percorribile”.
- Scritto da Italo Di Dio