Un nuovo esempio di come le ricerche vadano colte con le pinze.
Un nuovo studio pubblicato su eLife condotto dalla dottoressa Laura Crotty Alexander – Professore associato di Medicina presso la Uc San Diego School of Medicine e Capo sezione della Pulmonary Critical Care presso la Veterans Affairs della San Diego Healthcare System – ha voluto analizzare quali effetti possano avere i vapori di Juul Labs – pure in modo differenziato in base agli aromi – sull’organismo dell’uomo.
Ad essere “testati” ratti che, sottoposti ai flussi dei vapori, hanno fatto registrare, dopo tre mesi di esposizione, marcatori infiammatori alterati a carico dei polmoni, del cuore, del colon e, soprattutto, del cervello.
Mezzo organismo infiammato, quindi, con il sottinteso messaggio inviato all’uomo rispetto ad una possibile nocività del dispositivo.
Questo pare chiaro.
Ma in che condizioni vengono eseguite tali ricerche?
Ebbene, qui si apre tutto un altro mondo che si affaccia sul carattere estremo delle condizioni di laboratorio.
Estremo e molto distante dal reale.
Facciamo un esempio.
Immaginiamo di essere rinchiusi, noi umani, per quindici anni ininterrotti in una stanzetta di cinque metri quadri.
Ne più, nè meno. Con cibo e acqua a volontà.
Ed immaginiamo che, all’interno di questo poco simpatico “sito”, vengano immessi flussi di svapo senza soluzioni di continuità.
Respirando sempre e solo quel vapore, senza mai avere la possibilità di una boccata di ossigeno.
Per quindici, lunghi anni.
CONDIZIONI IRREALIZZABILI
Laddove sarà facile capire come, una volta terminato questo periodo, se anche fossimo sopravvissuti, finiremmo per accusare qualche acciacchetto fisico.
Ebbene, i parametri di laboratorio sono queste, praticamente irrealizzabili nella vita reale.
Per dirla in soldoni: se quel vapore nell’uso normale non ci avrebbe recato più di tanto danno, l’esposizione esasperata ad esso finisce per recare, inevitabilmente, noie.
Poi, al di la di queste considerazioni, è anche da fare un ragionamento sull’utilità di questa attività.
Cui prodest? Quale è il vantaggio di questa ricerca?
Dimostrare, in modo fine a se stesso, che anche la sigaretta elettronica può avere i suoi effetti negativi?
Bene, già sappiamo che tra le nubi della e-cig e l’aria pura di montagna, resta sempre da preferire quest’ultima.
Ma non è questa la comparazione che la ricerca deve proporre.
La comparazione corretta è quella tra il fumo e le alternative.
Si sottopongano, per tornare al discorso iniziale, i ratti a flussi di fumo e altri a quelli di vapore.
Sarebbe interessante, ad esito dell’indagine, capire quale dei due gruppi abbia parametri peggiori.
In quel caso la scienza potrebbe realmente tendere una mano alla causa della tutela della pubblica salute e a quella del miglioramento dei collettivi livelli di vita.
- Scritto da Arcangelo Bove