Il 31 Maggio, come da annuale appuntamento, torna ad essere celebrata la Giornata mondiale senza tabacco.
Otto milioni di morti all’anno, su scala mondiale, 80.000 delle quali nella sola nostra Nazione (ben il 25% dei decessi italiani è da ricondurre ad una fascia di età tutt’altro che anziana quale quella 35-65).
Come consueto, stiamo assistendo, anche per questa edizione 2022, alla girandola degli appelli, alle passerelle dei consigli.
“Non fumare”, “smetti di fumare”, “il fumo uccide”: questo l’oggetto degli slogan che stanno intasando media e social.
Nulla di sbagliato, sia chiaro, nell’invitare le persone a dire addio ai pacchetti.
Ci mancherebbe.
Il fatto è che il tempo degli appelli è finito.
Urgono strategie e risposte vere, fattive e, soprattutto, concrete.
LA PRINCIPALE CAUSA DI MORTE EVITABILE
Il fumo è, infatti, come a noi tutti noto, la principale causa di morte evitabile – più della droga, più di quelle violente.
Una piaga sanitaria, umana che, ora come ora, viene gestita con politiche di contrasto troppo pallide.
Troppo semplicistico rivolgere inviti all’astinenza.
Anche un bimbo di prima elementare avrebbe gli strumenti per farlo.
Le Istituzioni devono andare oltre, fornire soluzioni.
A proposito di soluzioni, ragioniamo su un aspetto e poniamoci una domanda: i percorsi ufficiali di cessazione di quali percentuali di successo stanno godendo?
Per rispondere a questo quesito, prendiamo in prestito le parole dell’otorinolaringoiatra Fabio Beatrice in una dichiarazione rilasciata a Quotidiano Sanità nel mese di giugno 2020 “L’offerta dei Centri antifumo attrae meno di 13.000 fumatori l’anno – ha esposto il medesimo – mentre il consumo 11-12 milioni di persone”.
Rispetto a quelle 13.000 persone che accedono a tali Centri vi è, poi, una non trascurabile percentuale di insuccessi.
La sproporzione dei numeri è evidentemente drammatica.
Con tutta evidenza, le strategie in uso non riescono a fronteggiare il tragico fenomeno.
Men che meno gli sterili auspici verso un mondo smoking free.
LA VIA DEL COMPROMESSO
Quella delle sigarette è una vera e propria dipendenza e, in quanto tale, pretende un approccio fattuale, vero che possa poggiare anche sul compromesso.
Il compromesso, già, principio perfettamente incarnato dalle teorie del minor danno.
La sigaretta elettronica può consentire di sottrarsi al fumo e può essere utilizzata fino a quando non si riesce a cogliere il traguardo dell’astinenza.
Fa bene? Fa male? Per ora le evidenze ci dicono che abbatte il rischio nella misura del 90-95 percentuale tant’è che, ad oggi, l’uso corretto di essa, dopo oltre 10 anni di presenza del dispositivo sul mercato mondiale, non ha cagionato un solo decesso.
Al cospetto della sentenza di morte data dalle sigarette classiche, quindi, perchè non tentare la via delle alternative?
Perchè non ispirarsi alle strategie di Paesi come Regno Unito e Francia che, guarda caso, grazie alla soluzione e-cig, stanno abbattendo in modo sensibilmente più rapido, rispetto ad altre realtà, le cifre del tabagismo?
- Scritto da Arcangelo Bove