Non era Evali. Ma (in qualche caso) Covid.
Ipotesi forse “azzardata” quella che viene da un gruppo di scienziati capitanato da Yang Zhanqiu, un virologo dell’Università di Wuhan.
Secondo il ricercatore, in pratica, alcuni dei casi della “famosa” Evali (la sindrome determinata dalla impropria inalazione di liquidi per sigaretta elettronica di contrabbando), diagnosticati negli Stati Uniti d’America verso la fine dell’estate 2019, potevano essere, in realtà, casi da Coronavirus.
Casi che, ovviamente, essendosi in una fase pre-pandemica, non si era nella possibilità di poter identificare.
IL CASO DEI GIOCHI MILITARI DI WUHAN
Come si ricorda, il Coronavirus è emerso all’attenzione mondiale tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020. Ciò allorquando l’Oms ebbe a segnalare l’esistenza in estremo Oriente di una polmonite dotata di una particolare aggressività.
Tuttavia, il sospetto forte è che, in realtà, il virus circolasse nel Paesone orientale già dall’autunno (almeno) dello stesso anno. Esemplare fu, al riguardo, il racconto di diversi atleti italiani (e non solo) che avevano preso parte ai Giochi militari di Wuhan che si erano sviluppati tra il 18 ed il 27 Ottobre 2019.
Ebbene, molti ragazzi italiani che avevano partecipato a quella competizione (come Matteo Tagliariol, la fiorettista Martina Batini) hanno poi raccontato di aver accusato, durante la permanenza in Asia e per svariate settimane dopo il rientro in Patria, patologie respiratorie-influenzali mai prima avute, per intensità e durata.
Che il Covid circolasse in Cina, quindi, già prima della fine del 2019, è cosa che pare essere assodata.
Che il virus “girasse”, invece, prima di quella data, anche in altre Nazioni è cosa molto più incerta.
Lo studio condotto da Yang Zhanqiu, invece, tenta di introdurre novità in tal senso.
Secondo il medesimo, quindi, molte delle patologie polmonari registratesi negli States nell’estate di due anno or sono erano, molto probabilmente, situazioni misconosciute di Coronavirus.
RIESAMINATE RADIOGRAFIE TORACICHE
A tale conclusione lo scienziato sarebbe giunto ri-esaminando 250 radiografie toraciche effettuate su pazienti “Evali” ricoverati in ospedali dei vari Stati americani. In almeno sedici fattispecie i reperti si erano mostrati “moderatamente sospetti” essendosi rinvenute nelle radiografie “tracce” che, per le particolari caratteristiche, lasciavano pensare ad una situazione virale e non ad un danno di tipo chimico.
Una tesi, questa, nel suo insieme abbastanza rivoluzionaria ma anche contaminata dal punto di vista politico. Lo studio, infatti, viene dalla Cina e potrebbe mirare a “spostare” l’origine dell’epidemia negli Stati Uniti d’America.
Ciò per ovvie ragioni di tipo “economico”. Non è mistero, infatti, che mezzo mondo miri a chiedere “danni” alla Cina stessa (sebbene sia da comprendersi il “come” giuridico) per quanto causato a livello globale dalla pandemia. Che, secondo le tesi attualmente più forti, sarebbe originata in un laboratorio governativo con sede a Wuhan, nella seconda metà del 2019, per un “buco” nei protocolli di sicurezza.
- Scritto da Italo Di Dio