La volontà di smettere di fumare c’è.
Ma i tentativi che vanno effettivamente in porto sono, in proporzione, assolutamente irrisori.
I dati italiani, che fotografano la situazione del quinquennio 2014-2019, immortalano uno scenario dalla lettura abbastanza cristallina.
Il profilo del fumatore italiano è quello di un soggetto animato dal desiderio di scrollarsi di
dosso la dipendenza, consapevole del danno fumo-indotto.
Ma che, per fattori assolutamente migliorabili nel “sistema”, vede per la gran parte disperse le proprie ambizioni.
TENTATIVI IN CALO RISPETTO AL 2011-2014
In Italia, complessivamente, il 36,1% dei fumatori ha tentato di smettere di fumare negli ultimi dodici mesi.
Si tratta di una fetta imponente di persone se è vero che gli attuali tabagisti in Italia sono circa 15 milioni, ovvero un quarto della popolazione.
Ebbene, 5,4 milioni hanno dichiarato di aver provato a dire addio alle bionde ma appena meno di un quarto di essi (ovvero 1.350.000) ha colto effettivamente il risultato.
Ciò significa che oltre quattro di milioni di persone, pur animato dalla volontà di dire addio ai pacchetti, ha dovuto deporre le armi, sconfitto, nella lotta al tabacco.
E questo è inaccettabile perchè, rispetto a questa mole di numeri, un margine più o meno significativo, con il dovuto accompagnamento, con il necessario stimolo e la
giusta strategia avrebbe potuto centrare il risultato.
E risultato, in questo campo, significa meno morbilità e mortalità.
CENTRI ANTI FUMO, NUMERI ANCORA IRRISORI
I Centri antifumo?
Dei 15 milioni di fumatori stimati in Italia ne hanno in carico appena 10.000 all’anno – e meno delle metà lo fa con successo.
I medici di base? Chiedono informazioni supplementari dal momento che la maggior parte di essi si dice poco informata sul mondo delle alternative.
Tornando ai tentativi di smettere, i fumatori che ci hanno provato sono in calo, in termini di percentuale, rispetto al periodo precedente di indagine 2011-2014 – erano il
38,4.
I dati di cui sopra sono alquanto eloquenti: il meccanismo istituzionale di smoking cessation è evidentemente fallimentare.
Si impone la necessità di aprire, a monte, la visuale anche al panorama delle alternative, smettendola di volgere lo sguardo altrove; dovrebbe, poi, cambiarsi la prospettiva
dei Centri antifumo facendo in modo che essi vadano a cercare il potenziale paziente (ad esempio in contesti di ricovero ospedaliero) e non attenderlo più passivamente se e
quando vi si rivolgerà.
Ma ancor più centrale il ruolo dei medici di base, che sono la prima interfaccia del cittadino.
Smuovere le acque, spezzare l’inerzia.
Certo è che continuando così non si caverà ragnetto dal buco.
- Scritto da Arcangelo Bove