Il concetto della riduzione del danno ancora lontanissimo dalle sedi delle Istituzioni nazionali.
Semmai ve ne fosse stata necessità, ulteriore conferma in tal senso viene dai contenuti di un documento sottoscritto a quattro mani da Giovanni Rezza – Direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute – e da Rossana Ugenti –
Direttore generale delle Professioni sanitarie e Risorse umane del medesimo Dicastero.
Si tratta, in particolare, di una lettera indirizzata a Regioni, Fnomceo, Società Italiana di Medicina generale, Società scientifica interdisciplinare e di Medicina di Famiglia e di Comunità, Società nazionale di Aggiornamento per il Medico e di Medicina generale, Società italiana Medicina dell’Adolescenza e Società Italiana di Tabaccologia in merito a “problematiche relative all’organizzazione di eventi scientifici con il coinvolgimento delle Industrie del tabacco”.
Un testo divulgato da “Quotidiano Sanità” nel cui corpo i due non lesinano perplessità e diffuso scetticismo anche sulla sigaretta elettronica fornendo conclusioni che paiono parziali non tenendo in considerazione la totalità della scienza sul settore.
PER IL MINISTERO CREANO ANCHE DIPENDENZA
Nel corpo di un discorso più ampio, i due, tra le altre, annotano
“Evidenze di letteratura indicano che i dispositivi che rilasciano nicotina, come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato, possono determinare dipendenza da nicotina come i prodotti tradizionali”.
Ed ancora
“Per gli ex fumatori che, oggi, sono in molti Paesi più numerosi dei fumatori, questi dispositivi rappresentano un rischio di ricadere nella dipendenza alla nicotina.
Preoccupanti sono anche i dati sui consumi degli adolescenti italiani, riportati dalla Global Youth Tobacco Survey, che mostrano come nel 2014 il 23% dei ragazzi di 11-15 anni fumava abitualmente sigarette e l’8% utilizzava abitualmente sigarette elettroniche, ma nel 2018 il 21% fumava sigarette e il 18% utilizzava sigarette elettroniche, con aumento del numero di adolescenti che vengono a contatto con la nicotina.
Di contro – insistono – è recentemente emerso quanto i prodotti in parola non costituiscano in alcun modo un’ alternativa valida e sicura al consumo tradizionale di tabacco, stante la presenza, oltre alla nicotina, di agenti cancerogeni e sostanze tossiche e nocive, nonché il verificarsi di eventi letali per patologie polmonari conseguenti all’uso di sigarette elettroniche, ad oggi segnalati negli Stati Uniti e in Gran Bretagna”.
Gli appunti mossi dai due esponenti, tuttavia, trovano smentita, quanto meno parzialmente, nelle conclusioni di alcune ricerche accreditate che insistono sulla non assuefazione determinata dalla sigaretta elettronica laddove, come in esordio richiamato, è poi evidente come si snobbi totalmente il concetto del minor danno.
In più lascia perplessi il passaggio sul “verificarsi di eventi letali per patologie polmonari conseguenti all’uso di sigarette elettroniche”: un riferimento chiaro ad Evali ma gravemente poco preciso.
IL RICHIAMO AD EVALI
Paiono ignorare i due alti esponenti ministeriali come sia stato acclarato dalla stessa FDA americana come il fenomeno Evali sia stato determinato dall’uso non della sigaretta elettronica in quanto tale ma dall’uso di liquidi non ufficiali reperiti attraverso i mercati del contrabbando e, in particolare, dall’improprio utilizzo della “vitamina e acetato”.
Pare farsi confusione, cioè, tra sigaretta elettronica e sostanze che nulla hanno a che fare con i circuiti legali. Sì colpevolizza erroneamente lo strumento, innocente tramite per assumere sostanze che nulla hanno a che fare con lo svapo: un po’ come se si criminalizzasse la siringa e non la droga che ci si inietta.
“Nel nostro Paese, inoltre – proseguono i due dirigenti ministeriali facendo riferimento al tabacco riscaldato – la valutazione effettuata secondo la normativa vigente dall’Istituto Superiore di Sanità su un prodotto di tabacco riscaldato, su istanza dell’Azienda produttrice (Philip Morris) ha evidenziato che non sia possibile, allo stato attuale e sulla base della documentazione fornita dal proponente, riconoscere la riduzione delle sostanze tossiche, né di stabilire il potenziale di riduzione del rischio”
In tale quadro non può destare sorpresa come i prodotti a minor danno si vedano scavalcati nelle gerarchie ministeriali da “approcci terapeutici anche farmacologici di provata efficacia“. È evidente come il percorso verso un ragionamento istituzionale sul minor danno sia ancora lungo e tortuoso.
- Scritto da Italo Di Dio