Condominio, contesto di incontro-scontro tra le più disparate esigenze e dei più disparati stili.
Anche di quelli relativi alle abitudini tabagiste.
Un condomino fuma, l’altro no.
Cosa succede se qualcuno si ostina a fumare in uno spazio comune (al chiuso)?
O se, invece, il medesimo si concede una sigaretta sul balcone di casa propria con il “fumo” che, però, finisce per raggiungere le narici del condomino che si trova su un balcone nei paraggi?
Può, quest’ultima “condotta”, sempre e comunque essere ammessa?
E’ un’interessante questione quella che viene approfondita dal portale giuridico “La legge per tutti”.
E le conclusioni non sono necessariamente scontate.
Ebbene, rispetto agli spazi condominiali comuni al chiuso, la questione si presenta di facile lettura e risoluzione.
In aree come il vano scale, l’ascensore non si può fumare.
E la disciplina è quella che si rinviene nella legge Sirchia, entrata in vigore nell’anno 2015 (e in un successivo chiarimento del Ministero della Salute), che, molto semplicemente, fa divieto di fumare in luoghi pubblici che non siano all’aperto.
E, con tutta evidenza, lo spazio comune di un condominio è area di accesso pubblico.
Se, quindi, qualche poco civico “vicino” si ostinasse a fumare nella tromba delle scale o, peggio, nella cabina dell’ascensore, si sarebbe pienamente in diritto – qualora non fosse stato sufficiente un informale invito – di avvisare il “controllore”, che la legge individua nell’amministratore, per l’opportuno richiamo o sanzione.
Archiviato quest’argomento, riflessione a parte è quella che si pone per il balcone di casa.
Chiariamo il quesito: posso chiedere alla legge che una determinata persona non fumi sul balcone della sua casa nel momento in cui il (suo) fumo mi vada a recare danno o disturbo?
Chi si attende una totale impotenza della legge, rispetto a tali situazioni, si sbaglia.
In primo luogo, si precisa, la legge Sirchia non può essere applicato ad un contesto privato, quale quello dato dal balcone di un’abitazione.
In più è da tenersi presente l’atteggiamento di “garanzia” che viene riservato dal legislatore al proprietario privato.
Compito non di partenza facile, quindi, quello di impedire, in forza di legge, ad un vicino di spegnere la sigaretta sul proprio balcone.
LA FATTISPECIE DELLE “IMMISSIONI INTOLLERABILI”
Sempre, però, che quel fumo non si vada a inquadrare nella fattispecie delle “immissioni intollerabili”.
Immissioni per le quali si intende, come spiegano da “La legge per tutti”, “flussi di fumo ed esalazioni, ma anche rumori e scuotimenti, che derivano dalla proprietà del vicino”.
Che possono essere configurate come “intollerabili” nel momento in cui le stesse “superino la normale tollerabilità”.
Un estremo, quindi, che imporrebbe di tutelare la parte lesa o, addirittura, di ristorarla.
Esempio: un cittadino, gravato da importante patologia (di tipo canceroso o cardiaco) non può, di fatto, affacciarsi al proprio balcone dal momento che, quando lo fa, si ritrova ad essere invaso dal fumo sprigionato dalla sigaretta del vicino.
Ebbene, in tale fattispecie, sebbene la cosa non sia in modo scontato dimostrabile, si potrebbe richiedere l’intervento della Legge.
E la sigaretta elettronica? Può anche essa venire risucchiata nel discorso delle “immissioni intollerabili”?
Anche in questo caso, molto se non tutto dipende dalla discrezionalità del giudice dal momento che si ragiona sulla base di valutazioni che non sono quelle della Sirchia (che potrebbe fare da paravento alle e-cig).
“Sirchia” che, come noto, non trova applicazione per contesti privati quali quello dato dal balcone di un’abitazione.
Materia, anche in questo caso, che si presenta in chiara evoluzione giurisprudenziale.
- Scritto da Arcangelo Bove