I paradossi della norma. Meglio dirsi, i vuoti della norma. Offrire una sigaretta ad un minore non rappresenta reato. Anche perchè nessuna previsione legislativa o di altra natura impedisce ai minori di fumare (il riferimento è sempre alle sigarette “tradizionali”). Divagazione giuridica quella che si concede Svapo Magazine nell’ottica di chiarire quello che, spesso, è oggetto di chiacchiera e di riflessione. Al di la del sentito dire, la realtà è che se un maggiorenne offre una sigaretta ad un “under” non rischia assolutamente nulla. Questo perchè il divieto “vige” solo in capo ai rivenditori di tabacco.
Occhio alla legge, infatti. La stessa stabilisce il divieto di vendita ai minori di prodotti a base di tabacco incluse sigarette elettroniche e liquidi di ricarica a base di nicotina. Oltre a sanzioni pencuniarie (da 500 a 3.000 euro) la norma prevede anche la sospensione della licenza per il rivenditore per un periodo di 15 giorni. Sospensione che può divenire revoca in caso di recidiva. Le previsioni normative, tuttavia, non prevedono la fattispecie della cessione al minore da parte di chi venditore non è. Chiunque, quindi, al di la dell’aspetto “morale”, è libero di cedere prodotti a base di nicotina ad un minore senza dover temere conseguenze giuridica alcuna.
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Uno spiraglio lasciato aperto dal legislatore (ci si augura in modo non volontario) che dovrebbe essere “tappato” in una ottica di politica di (vero) contrasto al fumo. Una politica che tanto viene sbandierata ma che, nella sostanza, potrebbe essere davvero resa maggiormente intensa. Calzante, al riguardo, la riflessione che viene posta in essere dai giuristi del portale “La legge per tutti”. “La normativa italiana in materia di fumo è a volte contraddittoria – esordiscono – Pur consapevole dei rischi per la salute legati alle sigarette, lo Stato non ne vieta né la produzione, né la vendita. Anzi, partecipa al business con le accise. Non solo. Nonostante l’ormai accertata correlazione tra fumo e tumori, gli eredi delle vittime del tabagismo non possono chiedere il risarcimento alle società produttrici: è, infatti, il cittadino che decide di fumare, con la consapevolezza – rafforzata anche dalle avvertenze riportate su tutte le confezioni a base di tabacco – dei pericoli per il corpo umano. È vietato fumare negli ambienti di lavoro perché il fumo passivo uccide al pari di quello attivo, ma i fumatori possono stare in aree apposite, ventilate, respirando non solo la propria sigaretta ma anche quelle dei colleghi”. Appunto. Contraddizione
- Scritto da Arcangelo Bove