Non è un giornale medico-scientifico ma che tratta di diritto. Per di più anche molto accreditato nel suo ambito tant’è vero che lo stesso è partner fisso del portale “Virgilio”.
Parliamo di “La legge per tutti”, sito di informazione e consulenza legale gratuito che offre “dritte” interessanti agli internauti. Ovviamente sempre limitatamente alla materia giuridica.
La testata ha trattato, in un suo recente passaggio, della sigaretta elettronica. Con particolare riguardo al discorso del fumo passivo ed a quello delle possibili ricadute in termini legali di un eventuale danno. Rinviando a dopo l’approfondimento di questo particolare aspetto, lo stesso giornale ha “confortato” gli svapatori circa la minor nocività del fumo passivo dell’e-cig rispetto a quello della “classica”.
“I vapori dell’e-cig provocano le stesse malattie della sigaretta tradizionale? E, in caso di danno, si può chiedere un risarcimento?”: questo il doppio interrogativo che si sono posti i curatori del sito.
“Da una parte – osservano gli autori – è vero, secondo alcuni studi, che la sigaretta elettronica sprigiona diverse sostanze in grado di provocare delle irritazioni alle vie respiratorie e, se si è esposti frequentemente e a lungo, di causare anche asma o infiammazioni al naso o ai bronchioli. Dall’altra, però, non ci sono delle prove che il fumo passivo della sigaretta elettronica sia dannoso come quello della sigaretta normale”.
L’articolo di “La legge per tutti” pone in essere anche un riferimento scientifico articolato sui singoli elementi che compongono le e-cig. Tuttavia la conclusione appare essere, rispetto ai presunti danni del fumo passivo “elettronico”, tranquillizzante. “Ad oggi – evidenziano – non esistono prove concrete che dimostrino degli effetti nocivi sulla salute provocati dai vapori emanati dall’e-cig. O, almeno, non così gravi”.
Quindi la riflessione strettamente giuridica. “Premesso che – proseguono – gli esperti, come visto, ammettono di non avere prove della dannosità dell’e-cig, chi subisce un danno da fumo passivo al lavoro ha qualche diritto? Secondo la Cassazione, sì”. L’analisi della Suprema Corte, preme premetterlo, non analizza un caso di danno di fumo passivo da sigaretta elettronica bensì da classica. Tuttavia, per estensione, la sentenza potrebbe essere estesa anche all’ambito elettronico.
Il caso, nel dettaglio, riguardava un ex dipendente dell’Asl Roma deceduto a causa di malattia determinata dalla lunga esposizione al fumo di colleghi con i quali aveva condiviso per anni l’angusto spazio di lavoro. La pronuncia degli “ermellini”, spiegano da “La legge per tutti”, ha stabilito come “anche in assenza di una normativa specifica il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a tutelare la salute dei propri dipendenti”. Non accolte le tesi dell’Asl, secondo cui “non era chiaro il nesso di causalità tra i fattori e la malattia del dipendente”.
In più, all’epoca dei fatti, non era vigente l’attuale divieto di fumo “generale”. Ma lo stesso era limitato solo ad alcuni ambienti e solo con riferimento al rischio incendi. La Cassazione, tuttavia, non ha voluto sentire ragioni e ha sentenziato richiamando l’articolo 2087 del Codice civile. Secondo il quale “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Ovvero, come spiegano dal sito, “anche in mancanza di una legge che vieta espressamente di accendere una sigaretta in un determinato locale, se il fumo può risultare dannoso per qualcuno spetta al datore di lavoro imporre il divieto per tutelare i dipendenti”.
A conti fatti l’Asl ha dovuto risarcire gli eredi del defunto per 200.000 euro.